Marketing Territoriale: Come un presepe può dar vita a un territorio
Può un presepe dar vita a un territorio? Si parla tanto di marketing territoriale, in questi anni, tra corsi di laurea e interventi strategici. L’Italia è il paese con più siti Unesco al mondo. L’Italia è un paese che va valorizzato. L’Italia è il paese più desiderato e sognato. Sì, tutto vero, ma senza strategie e approcci capaci di attrarre i visitatori, ogni luogo ha poco da dire.
E poi ci sono i luoghi iconici, quelli che conoscono e visitano tutti. Come fa un piccolo paesino disperso tra le montagne, ma allo stesso tempo ricco di storia e di storie, a farsi conoscere? La battaglia tra luoghi famosi e meno noti è da sempre uno degli argomenti dei tavoli dei Comuni italiani, tra velleità di coinvolgere la popolazione locale e sogni di raggiungere un turismo sempre più bisognoso di esperienze, capace – forse – di avvicinare anche chi, finora, non entrava di merito nelle più note guide, come il Touring Club e tutti gli altri che li hanno seguiti.
I presepi come opportunità di marketing territoriale
Ecco cosa mi hanno insegnato e alcune riflessioni che ho fatto dopo aver visitato, in questi giorni, all’incirca un centinaio (ma credo che in fondo siano stati di più) di presepi, mostre, diorami. Se non sapete cosa sono, piano piano lo spiego. Ho avuto modo di riflettere tanto, perché un percorso presepistico è di fatto molto di più di un semplice vezzo locale. Un percorso di presepi ci insegna cose su:
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Marketing territoriale (ovviamente);
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Eventi;
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Tradizioni;
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Marketing interno;
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Opportunità di business.
E se estendiamo questi ragionamenti oltre i presepi, beh, possiamo avere spunti per tutto l’anno.
Turismo mordi e fuggi
Mi piace tanto ascoltare i tg locali in questi giorni. A Verona ne abbiamo due. Uno ha detto che Verona è stata molto visitata, durante le recenti festività, ma con scarso impatto sugli albergatori. Siamo la città del turismo mordi e fuggi. L’altro tg ci comunica che Verona è stata la città più visitata d’Italia del periodo natalizio. Interessante. Forse entrambi hanno ragione. Sta di fatto che Verona e provincia sono state invase e che alcune vie del centro hanno dovuto organizzarsi a senso unico. Verona, certo, è una città che vive del turismo mordi e fuggi, ovvero di un visitatore poco attento, che trascorre in città uno o due giorni e se ne va via.
Non sarà questo l’articolo in cui parleremo di opportunità, dialogo, collaborazione e capacità di attrazione di diverse tipologie di turista. Sta di fatto che il turismo mordi e fuggi c’è ed è una questione che non riguarda solo Verona. Quella speranza che sopra raccontavo, di estendere territori e conoscenze grazie alla necessità di vivere esperienze, ha anche il suo rovescio della medaglia: siamo così convinti di voler fare quello scatto e di voler entrare in quel post di Instagram che ci ha rubato lo sguardo, che ciò che c’è intorno diventa insignificante. Guardiamo quella piccola porzione di mondo che ci hanno raccontato per dimenticarci di lasciarci stupire, di risvegliare la nostra curiosità alla ricerca di altro, capace di arricchirci forse di più, capace di entrare nei nostri feed, beh, forse di meno.
La vera questione legata al turismo mordi e fuggi, a mio avviso, è che riguarda determinati periodi dell’anno, spesso quelli di ponti, feste particoli e weekend lunghi. Non è che sia un turismo di scarsa qualità, è semplicemente un turismo che per vari motivi non si permette più giorni. Può essere per scarso interesse, può essere per frenesia, o semplicemente per questioni di budget. Di sicuro, agenzie di viaggio e tour operator non sono stati abili a insegnarci un turismo capace di godere delle cose. Mi ricordo la mia prima volta in Irlanda: tutto il Paese in 14 giorni. Ma voi lo visitereste il nord Italia in 14 giorni, tutto tutto? Follia, eh. Eppure quando ci muoviamo diventiamo bulimici. Vogliamo vedere tutto. Tutto. E torniamo a casa che non ci ricordiamo niente. Niente.
Turismo lento e opportunità
Si parla di turismo lento, slow travel, e lo si fa sempre di più. Ecco che ci sono piccole pro loco che guidano iniziative, o gruppi teatrali che propongono esperienze. La concorrenza aumenta, la scelta non è semplice. La su citata bulimia ci guida. Sì, perché se andiamo in un luogo e non tocchiamo quella località famosa e vista da tutti, ci sembra di non esserci andati. Sì, perché quando torniamo a casa, se peschiamo nel maremagnum delle foto e dei video fatti, ci deve essere quello più social, ma ci deve essere anche quello di quel monumento iconico che tutti hanno visto. Lo facciamo tutti, io non sono da meno.
Nel tempo però, ho imparato a camminare e, nel vero senso della parola, a rendermi conto che con le mie gambe osservo cose che al di fuori di un finestrino fuggono via. Il cammino ti insegna che ci sono altri ritmi, nel viaggio, ritmi lenti, ritmi fatti di riflessioni e di stupore, durante i quali una semplice giornata plasmata su tappe prefissate, può stupirti e venire stravolta per la bellezza di ciò che non era aspettato, di ciò che non avevi già visto in una foto o in un reel.
Le statistiche ci dicono che siamo sempre più alla ricerca di esperienze e di storie nuove. Ci ispiriamo grazie alle grandi mete, le vogliamo assaporare, ma poi quando scopriamo qualcosa di unico, siamo ancora più felici, perché viviamo quel senso della scoperta che forse i grandi esploratori hanno vissuto. Non è cosa da tutti. Il turismo di massa e il turista mordi e fuggi esisteranno sempre, ma un turismo fatto di relazioni e di cose davvero semplici, tanto da apparire scontate, affiora ogni giorno di più. I giovani ne sono il baluardo. Molti di loro sono tornati a desiderare un Grand Tour di ottocentesca memoria, tanto da lasciare anche lavori stabili e situazioni certe, pur di immergercisi.
Tursimo locale e Turismo esterno
Durante l’inverno, in particolare, siamo vittime di weekend lunghi che non sappiamo come riempire. Netflix, i film in tv, ci sono tante opportunità dentro le mura di casa, ma specie quando ci sono bambini o si è curiosi, la giornata sul divano può stare stretta. E allora c’è un turismo diverso che stiamo facendo affiorare, quello che evita i centri commerciali e si muove in un raggio di km ragionevole da casa. Eh ma la benzina costa e una giornata fuori casa anche. Certo! Ma quanto costa una giornata al Centro Commerciale? Negli ultimi anni abbiamo barattato la visita ai negozi di gallerie iperilluminate con la possibilità di goderci una giornata di sole in un luogo speciale.
Dopo il Covid, tutto pare cambiato, o forse ci siamo resi conto che quattro mura ci stanno strette. Abbiamo bisogno di qualcosa di più. E allora il turismo non è solo quello che ci muove per un weekend, con spese di hotel e ristoranti. Allora possiamo anche farci un panino o una pasta fredda e decidere che intorno a noi ci sono mille cose da scoprire, tutte sicuramente belle. Se c’è il sole, ancora meglio. C’è dunque un turismo locale, fatto di persone che vivono un territorio e ne conoscono solo un’infintesima parte, che si sta muovendo, sempre di più. Non serve fare millemila km, insomma, alle volte ne bastano 10. Se penso alla mia esperienza personale, talvolta mi vergogno per non conoscere realtà intorno a Verona che so essere affascinanti, ma che non ho mai ammirato a dovere perché non ho mai vissuto, se non negli ultimi tempi, i weekend o i momenti di riposo come occasioni per mettere in fila le tappe di una gita fuori porta.
Le nuove opportunità delle gita fuori porta.
Personalmente ho fatto una lista. Ho iniziato a segnarmi cose che mi piacerebbe vedere intorno a me. Si trova in bella mostra nel mio studio. Quando posso, metto una bella spunta di fianco a quel luogo, vicino a quella meta. Stimolano la mia parte di curiosità.
La cosa che mi stupisce è che non esista ancora un vero portale capace di raggruppare queste cose, un sistema che, mettendo insieme le caratteristiche di ciò che ho vogli di vedere e un dato raggio kilometrico, mi dica: potresti recarti qui. Sarebbe una bella idea, no? “Oggi ho voglia di un luogo immerso nel verde in cui leggere un libro, tipo un parco”. E il sistema mi direbbe “Vuoi camminare o no per raggiungerlo? E quanto vuoi camminare?” e poi mi chiederebbe “ti servono ristoranti e bar intorno?”… cose così insomma. Quante attività bellissime potremmo mappare e far conoscere? Vabbè, questa è un’altra storia e se conoscete progetti di questo tipo, segnalatemeli, grazie!
Parlavamo però della mia lista. I presepi mi affascinano, da sempre, in particolare i diorami. Se non sapete cosa sono, si tratta di rappresentazioni di spazi realistici, in piccole scatoline dove ogni cosa viene resa in prospettiva. Solitamente nati per raccontare la vita di Gesù, si sono poi uniti alla tradizione presepistica e vengono usati anche per creare scenografie teatrali e cinematografiche. Li adoro. Ne ho costruito qualcuno con mio padre, perché nel nord Italia in cui abito sono molto diffusi e c’è anche qualche scuola che li insegna.
E allora i presepi mi affascinano. E il periodo di Natale è ovviamente il migliore per costruirli, ma anche per vederli. Mi ero segnata “presepi” in quella mia lista delle cose da vedere. Ho scoperto alcune iniziative, a due passi da Verona, nella Val d’Illasi, che mi hanno appassionata, una in particolare, in un piccolo borgo che si chiama Badia Calavena, ai piedi dei Monti Lessini. Nota per chi è appassionato di presepi o di gite fuori porta: se volete godere dei presepi natalizi nella val d’Illasi, potete partire da Tregnago, che ne ha un centinaio tra case, chiese e cortili, poi potete girovagare per Badia Calavena che ha coinvolto i suoi abitanti nella costruzione di presepi e infine salire a vedere il presepe monumentale di San Bortolo, che trovate sulla cartina come San Bartolomeo delle Montagne.
Il percorso tra i presepi di Badia Calavena, tra contrade, innovazione e tradizione.
A Badia Calavena, appunto, mi sono appassionata. Ho visto circa 87 presepi, in un paio di giorni. Ce ne sono di bellissimi, innovativi ed estremamente ben congeniati, ce ne sono altri che rappresentano un tentativo di fare qualcosa, anche solo come risposta a una chiamata della comunità. Ed è proprio la comunità di Badia Calavena e l’impatto che questa iniziativa ha avuto sul territorio e chi lo abita che ha fatto, a mio modesto avviso, la differenza. Servono tenacia, caparbietà, costanza, e un sano fregarsene di come andrà, perché iniziative come questa non hanno risalto mediatico immediato, sono un po’ dei diesel. Quest’anno il diesel si è scaldato. Evviva.
Com’è organizzato il tour dei presepi di Badia Calavena?
Il Comune, attraverso alcuni dei membri della pro loco (uno in particolare, mi dicono) si è attivato qualche anno fa per spingere i cittadini a mettere fuori, nei giardini e per le strade, i presepi, fatti da loro, ognuno a suo modo, invece di tenerli solo in casa. Chi aderisce, viene segnalato su una mappa, distribuita nei bar, nelle edicole e al Comune. Negli anni, si sono raccolte oltre 100 adesioni, tra borgo principale, appena sotto le montagne che portano al Carega, e piccole contrade raggiungibili a piedi o con l’auto.
Cosa rappresenta questo percorso tra i presepi?
Certo, come molti borghi già fanno, anche Badia Calavena ha dunque il suo percorso, ovvero una passeggiata, che può occupare anche tutta una giornata, per visitare un paesino che altrimenti avrebbe pochi visitatori, sempre sulla via per altre mete. Quando vivi in un paese così, i turisti sono solitamente i forestieri che vengono in estate, magari nelle case di famiglia lasciate anni orsono. Le Comunità di questi borghi sono sempre più anziane, i giovani cercano fortuna vicino alla città e non è semplice tenere vitale una popolazione che invecchia. Badia non è da meno, per l’esperienza che ne faccio spesso, essendo i miei di quella zona.
Stimolare il paese a partecipare al percorso dei presepi, dunque, è anche marketing turistico interno: aiuta le persone che vivono un dato luogo a mantenere il rapporto con quel luogo. Se poi, con pazienza e nel tempo, la cosa si conosce e viene visitata, nasce anche una forma di orgoglio, che fa sempre bene. La sfida per piccoli comuni come quello di Badia, ma anche tanti altri comuni montani con poche centinaia di abitanti, è anche questa: le iniziative territoriali, che sono sempre costose, e che stimolino la comunità a sentirsi parte di qualcosa di bello. Ne abbiamo bisogno tutti.
Marketing territoriale: nuove sfide?
Ecco dunque che a livello di marketing territoriale, un territorio non dovrebbe muoversi solo in direzione esterna, ma ha la grande possibilità di rivolgersi all’interno, a chi lo abita, in uno scambio continuo tra dentro e fuori che è ricchezza. Nello scambio nascono opportunità, nasce una conoscenza di luoghi nuovo a cui ci si può appassionare e in cui si può scegliere di andare a vivere. Nella consapevolezza che aprire il proprio mondo permette di rendere partecipi più persone, essere accoglienti in questo senso è preziosissimo. Le iniziative come quella dei presepi di Badia Calavena o Tregnago, mi ricordano dunque quelle dei balconi in fiore a cui partecipavano anche i miei zii a Montegrotto o – per tornare alla mia Irlanda – il fatto che il Governo Irlandese stimoli ad avere sempre la tradizionale Irish Breakfast nei B&B. Chi vive un territorio, se lo tratta bene, lo rende attrattivo e le amministrazioni hanno l’arduo compito, in mancanza di sostegni, di essere fulcro e stimolo di quel “trattare bene” e di quella cura che, se mancante, rende i paesi solo dei dormitori, e in montagna, dei dormitori per una popolazione sempre più anziana.
Marketing interno e Marketing esterno in ambito turistico
Il Marketing Territoriale e il Marketing Turistico che ho appreso all’università sono fatti dunque di attrazione del turista, ma così come insegno nelle Academy Aziendali, hanno oggi una nuova sfida da accettare: rendersi Marketing Interno, capace di veicolare messaggi attraverso chi lo vive. Sono ancora troppo poche, o forse troppo mass mediatiche queste iniziative, che proprio in determinati tipi di social media, anche con azioni di nicchia, potrebbero trovare la narrazione. Quale miglior narratore, infatti, è chi vive tutti i giorni un luogo, ne conosce le leggende e le storie, anche se talvolta non sono scritte sui libri o prendono sfumature fantasiose?
Siamo alla ricerca di storie. Sono quelle che per le strade di Badia Calavena si trovano tra dicembre e gennaio, osservando chi rimette a posto le statuine dopo la pioggia, chi accende le lucine al tramonto, o chi ti chiede se vuoi un caffè e, inevitabilmente, si emoziona vedendo grandi e piccini che passeggiano con una mappa in mano, alla ricerca di quel numerino identificativo che potrebbe portare in nuovi slanci di creatività.
Viva l’Italia, anche per questo.