
Facebook City Guide: in vacanza, con le guide di Facebook.
Vai in vacanza? Conosci Facebook City Guides o lo hai mai usato? Cerchiamo di capire come usare lo strumento e come renderlo un’opportunità per il tuo business locale.
Nei tuoi viaggi cerchi informazioni su dove mangiare o quali esperienze vivere? Di solito ti avvali di Tripadvisor, delle care vecchie guide cartacee o delle ricerche su Google? Se vuoi fare un’esperienza diversa in vacanza, potresti trovare interessanti le guide di Facebook, che propongono un’esperienza diversa da fare in vacanza, ma non solo, anche alla scoperta della tua città. Le Facebook City Guides sono attive solo per alcuni luoghi nel mondo e se hai un business locale come un ristorante, o un bar, oppure gestisci un luogo di interesse, beh, credo che ti dovrebbe interessare capire come scalare la “serp” di questo nuovo strumento di ricerca di Facebook, evoluzione del caro e vecchio Facebook Places ancora attivo da desktop e precursore di Facebook Local, la app di Facebook per le attività locali e gli eventi, da poco arrivata anche in Italia.
Capita che testi spesso alcune nuove funzionalità di Facebook e che spesso, alcune, rimangano un mistero o vengano attivate solo alcune volte, a random, su profili che non sono miei. Facebook è una piattaforma in continua trasformazione. Come dar torto al buon Mark, d’altronde? Chi si ferma è perduto…
Due anni fa a Social Media Strategies a Bologna e quest’anno (più di 12 mesi dopo!) ho tenuto uno speech che toccava, fra gli argomenti, anche la (!) piattaforma Facebook Places. Misconosciuta ai più, si trattava di una vera e propria guida di viaggio. Accedendo dalla maschera di ricerca, infatti, era possibile vedere il luogo, i suggerimenti su quello che vi si poteva fare, gli eventi e tutta una serie di cose che in quel luogo potevano essere “divertenti” da fare. Era? In realtà è. Facebook Places esiste ancora e oggi è stato tradotto nelle ricerche di Facebook, che sono sempre più strutturate per argomenti. L‘evoluzione, di stampo più turistico, sviluppata in particolare da mobile (anche se nella vecchia struttura le funzionalità sono visionabili anche da desktop) si è tradotta in quella che oggi si chiama Facebook City Guides.
In vacanza con le guide di Facebook
Quante volte siamo andati in vacanza e abbiamo tentato di fare quello che poteva distinguere la nostra vacanza in quel luogo? Quante volte ci siamo chiesti quali fossero i ristoranti o i locali meno turistici e come raggiungerli? Eppure, seppur le più famose guide turistiche mondiali, come la Guide de Routard o la Lonely Planet ci raccontavano dei migliori ristoranti e delle migliori attrazioni turistiche, di fondo noi facevamo un atto di fiducia, chiedendoci e sperando che quella fosse la verità non solo per chi l’aveva scritta ma anche per noi.
Certo, come dissi al Web Marketing Festival (edizione 2016), per scegliere cosa fare in un determinato luogo non ci siamo mai affidati alle pagine gialle, ma spesso quelle sono state il modo di raggiungere la domanda consapevole specifica: chi cercava veramente la nostra attività. Ma come ne era venuto/a a conoscenza? Come si era risvegliata la consapevolezza di quel ristorante da cercare sulle pagine gialle? Ho intervistato un po’ di gente intorno a me, di età diversa, e tutti sono concordi: in un modo o nell’altro, erano (sono!) le conoscenze o gli amici che ci instradavano verso un’esperienza.
Tu uscivi una sera, facevi conversazione e toh! Un amico ti diceva di aver scoperto quel posto interessante, dove si mangia bene e dove si paga il giusto. Cibo + denaro + posto… wow! Se queste erano le mie leve decisionali per scegliere un locale, ovvio che mi appuntavo nella mente quell’attività, per ripescarla poi, al bisogno (i miei amici risvegliavano la mia domanda latente, insomma).
Oppure succedeva che si voleva mangiar fuori e, a meno che non foste tecnicamente dotati di uno schedario per biglietti da visita come quello che aveva mia mamma, davvero inguardabile, si chiamava quell’amico o conoscente più mondano degli altri, o l’amico/parente camionista (i camionisti nell’immaginario comune mangiano sempre bene), oppure semplicemente si chiedeva a qualcuno del posto. Ho parlato recentemente con un amico che gira in moto e mi dice che ovunque sia andato, anche ultimamente, ha sempre trovato molto utili le informazioni dei “locals”, sia per dormire che per mangiare. Ancora, se ci trovavamo a dormire in un B&B o in un hotel, capitava che chiedessimo consigli sui migliori luoghi da visitare o dove mangiare, affidandoci al proprietario o al concierge di turno.
Oggi esistono Tripadvisor, Booking, i blog e, ancora affidabili – pare – le guide turistiche cartacee, insieme a una serie di app e di altri strumenti. Utili? Certo! Affidabili? Mah! Cosa manca loro? La conoscenza della persona che ha scritto il consiglio o ha valutato la struttura/ristorante/esperienza.
Come facciamo a fidarci di Tripadvisor, per esempio, se non conosciamo la persona che ha scritto quella recensione? Spesso è difficile, andiamo a naso. Un’amica irlandese mi ha detto che lei va usa una tecnica molto personale: guarda per prime le recensioni negative, poi va a vedere il profilo del recensore. Se si rende conto che è un “lamentone” di natura a cui non va mai bene niente, non gli dà molta credibilità, se invece da quello che legge è una persona affidabile, gli crede, o comunque lo ritiene interessante, autorevole, insomma.
Cosa significa autorevolezza nelle recensioni?
Nel marketing parliamo spesso di mettere nomi, professioni, età, luoghi di provenienza nelle nostre recensioni, per renderle il più possibile credibili. Ognuno di noi, in realtà, nella sua rete di amicizie sa di avere una persona autorevole in diversi ambiti. Lo chiameremo influencer, ma in fondo siamo tutti influencer. Nel mio caso, per esempio, chiedetemi informazioni sull’Irlanda, dove sono ora, e, beh, le avrete.
Nella mia cerchia di amici so bene, però, che se voglio andare a Firenze e mangiare bene dovrei chiedere a Gaia, o che se voglio conoscere buoni posti dove bere e mangiare bene dovrei interpellare Manuel o che, ancora, se desidero sapere cosa visitare a Venezia, dovrei chiamare un vecchio amico che ci ha vissuto per una vita. Devo continuare con gli esempi? Ognuno di noi credo ne abbia una lista. Facciamo l’esempio delle vacanze, visto che siamo nel loro momento clou. Un amico posta foto della Croazia? Chiederò a lui informazioni per la mia prossima vacanza, se esplorando le foto che posta, posso riconoscere un’esperienza che mi piacerebbe fare. Qualcuno scrive di una vacanza a New York? Chiederò a lei/lui.
Quanti di noi in questo periodo vengono influenzati dalle esperienze degli altri guardando i post che condividono durante le ferie?
Ebbene Facebook ha deciso di implementare le Guide delle città, uno strumento per visualizzare quello che succede o è successo nella città che stiamo visitando. Annunciate a marzo e implementate man mano in diversi Paesi, sono oggi disponibili anche in Italia.
Quali città comprendono le guide di Facebook?
Innanzitutto dobbiamo sottolineare che, a differenza di Places che ci consentiva di esplorare qualsiasi città/paese, Facebook Guide è attivo solo per alcuni città, in Italia, ad esempio, solo per 5: Firenze, Venezia, Roma, Napoli e Milano.
In cosa consiste Facebook City Guides?
Facebook City Guides è uno strumento che ci consente di interagire con una città, scoprendone le bellezze, a due livelli:
- Possiamo vedere quali dei nostri amici sono stati in quel luogo e dove si sono registrati
- Possiamo vedere cosa fanno le persone del posto
In pratica, possiamo interagire con le attività svolte e i luoghi visitati dai nostri amici ma scoprire, in particolar modo, quali sono le usanze delle persone che abitano veramente quella città. Se siamo alla ricerca di esperienze che vanno oltre il solito approccio turistico, beh, direi che il valore aggiunto di questa novità è chiaramente comprensibile.
Cosa mostrano le Facebook City Guides?
Vediamolo nel dettaglio, partendo dalla copertina, che riporta una foto della città con orario, temperatura, condizioni meteo. Subito sotto, due scelte. Partendo dalla prima tab (ce ne sono due), che si chiama “suggerimenti”, abbiamo:
- Innanzitutto ci sono le immagini dei nostri amici, che possiamo cliccare per vedere i loro check in
- Segue l’area “esplora [città]“, dove sono elencati:
- ristoranti
- vita notturna
- caffè
- attrazioni
- shopping
- arte e cultura
- bar
- parchi e giardini
- Vengono quindi i “luoghi frequentati dalla gente del posto” che comprendono:
- ristoranti
- vita notturna
- attrazioni
- bar/caffè
- acquisti
- arte e cultura
- parchi e giardini
- bar
- Trovano quindi spazio gli eventi in programma
- Seguono le attrazioni popolari
- Concludono la lista le “altre città” che, per il momento, non danno alcun privilegio alla geolocalizzazione ma servono solo a scoprire gli altri luoghi classificati nella piattaforma.
La seconda tab, che contiene gli elementi salvati, consente di visionare tutto quello che abbiamo “tappato” per tenerne memoria. Se la apriamo vedremo detti elementi su una mappa, per poterli esplorare in base a dove ci troviamo. Non è ancora attiva, ma auspico lo sia a breve, una suddivisione per categorie degli elementi salvati.
Come vengono presentati i diversi record da Facebook?
Nei miei test ho cercato di comprendere quale priorità desse Facebook ai risultati che emergono nelle guide delle città. Innanzitutto, ogni utente ha una “serp” diversa, non solo nell’area degli amici, ma anche in quella delle persone che vivono in quel luogo. Le attività degli amici vengono mostrate in base a quelli con cui interagiamo, generalmente, di più. Facebook, in sostanza, cerca di mostrarci le evidenze che potrebbero essere più influenti per noi. Perché? Per due motivi, in realtà:
- Se interagiamo maggiormente con queste persone potremo essere portati ad ascoltare la loro opinione più degli altri
- Se interagiamo maggiormente con loro potremo volergli chiedere maggiori informazioni, al bisogno, anche – probabilmente – offline
Come dicevo, vengono mostrati i luoghi in cui i nostri amici hanno fatto il check in. Ciò significa che non emergono solo qui luoghi in cui ci siamo registrati volontariamente, ma anche quelli in cui lo abbiamo fatto tramite l’accesso a una rete wifi che prevedeva alcune funzionalità collegate con Facebook.
Passiamo ora all’area dei luoghi da esplorare. In questo caso la faccenda si fa più complessa e le evidenze, oltre ad essere differenti da utente a utente, sono molto diverse anche tra le due aree che possiamo navigare: “esplora” e “luoghi visitati dalla gente del posto”.
Nell’area di esplorazione vengono mostrati risultati, dai test che ho condotto, in base a un mix di parametri:
- numero di recensioni
- tempo della recensione (più o meno recenti)
- check in
- amici che si sono registrati in quel luogo
- valore complessivo delle recensioni
- luogo verificato
- categoria/e della pagina
Nell’area dei “luoghi visitati dalla gente del posto” a quanto elencato qui sopra si aggiungono le recensioni e i check in della gente del posto (chi risulta, in base ai suoi movimenti o alle dichiarazioni esplicite, vivere in quella città.
La cosa curiosa è che, apparentemente, Facebook sta dando più valore ai check in che alle recensioni. Mi spiego: capita che tra i record vi siano anche, e in posizioni alte, evidenze senza le recensioni attive. Curioso no? Mi sono chiesta diverse volte come mai e sono giunta alla conclusione che, per le recensioni, Facebook sia talvolta ancora acerbo, mentre è più semplice ed automatico per una persona registrarsi in un determinato luogo, specie se usa Instagram. Cambiano i risultati in base a Instagram? Su questo non ci sono certezze, allo stato attuale non siamo ancora in grado di analizzare questo dato. Sta di fatto che Facebook, apparentemente, ha più dati di registrazioni che di recensioni, ma penso che la cosa sia destinata a cambiare.
E per gli eventi come funziona?
Per primi vengono quelli su cui abbiamo espresso la nostra partecipazione. Seguono quelli salvati, e poi quelli più popolari, ovvero con il maggior numero di conferme e salvataggi. Ad esempio, nel momento in cui scrivo, per Milano, mi compare tra i primi risultati l’addio al nubilato di Chiara Ferragni, che conta 4,8 mila partecipanti, 21.000 persone interessate e più di 550 condivisioni. Interessante: chissà dove la mette tutta questa gente… 😀
Anche le attrazioni, infine, sul fondo della guida, seguono l’iter dei luoghi.
Come si attivano i luoghi di Facebook?
Se non li hai ancora scoperti e hai la fortuna di visitare una delle città in cui sono già attivi, magari durante queste vacanze, puoi attivarli registrandoti nel luogo, o meglio, nella città. Quando sono arrivata a Dublino è stato Facebook stesso a chiedermi di registrarmi per potermi avvalere della guida. Altrimenti, scrivendo un post con registrazione nella città, se attiva, si può cliccare sull’elemento in fondo al post, una volta pubblicato.
Se hai già dei luoghi salvati e pensi possano appartenere al progetto, ti basta andare, da mobile, nelle impostazioni di Facebook. Per aprirle ti serve solo cliccare sulla città che hai salvato, così da scoprire se è nel progetto o meno.
Ora che hai attivato le Guide, come puoi usarle?
Uso le guide delle città di Facebook da aprile, e le ho usate per la prima volta a Firenze. E’ curioso come vengano proposti i risultati, in chiave relazionale. Su quello che proponeva a me, Facebook non ha mai sbagliato un colpo, seguendo le mie relazioni. I suggerimenti, proprio perché arrivavano da amici/conoscenti autorevoli, sono stati funzionali all’obiettivo: mangiare bene o visitare i migliori luoghi della città.
Prima di una vacanza, o di qualche giorno fuori, cerco di usare le guide per appuntarmi i luoghi in cui vorrei andare. Averli tutti sulla mappa aiuta. Inoltre, curioso su quello che hanno fatto i miei amici e chiedo loro consigli e suggerimenti sulle migliori aree da vivere e da visitare.
Durante la vacanza consulto di rado la ricerca di Facebook perché la trovo ancora limitata sotto diversi aspetti, mentre mi avvalgo dei luoghi salvati, che scopro in base a dove sto andando, richiamando dalla mappa quelli più vicini a me.
Tripadvisor e Google già lo fanno: luoghi intorno a te. Facebook lo fa in modo limitato: attualmente non è possibile fare ricerche sui posti intorno a me, ma lo sarà, si auspica.
Sono un imprenditore che ha un business locale in una delle città citate, o in altre, alla fine il principio è similare. Cosa dovrei fare per far in modo che le persone mi scelgano?
A dire il vero, leggendo sopra, è abbastanza chiaro. Faccio comunque una to do list di controllo:
- verifica la pagina
- stimola i check in e le foto con check in, scegli tu come, anche inserendo dei piccoli accorgimenti
- comincia subito a raccogliere le recensioni, anche usando buone tecniche di community management
- “sfrutta” dapprima il tuo network per stimolare le attività sulla tua pagina
- registra i tuoi eventi, in modo che le persone che ti seguono o ti potrebbero seguire, possano venirne a conoscenza. E fornisci tutte le informazioni per partecipare. Non ti lamentare se nessuno viene se non hai messo, ad esempio, informazioni sul costo di partecipazione.
Certo, sono cose che nel mondo dei social media si dicono spesso, queste, ma se Facebook fa parte della tua strategia, hai inserito queste dinamiche? Ad esempio potresti mandare un’email ai tuoi clienti più fedeli, o un messaggio broadcast, per invitare a condividere foto o video della visita tua attività o stimolare la raccolta di recensioni. Oppure potresti implementare la registrazione a Facebook per il tuo wifi, con richiesta di registrazione. Ho visto che all’estero lo fanno in tanti.
Se hai una piccola attività o grande, emergere in questa ricerca relazionale non è facile, i contenuti non sono uguali per cui non è agevole comparire sulle schede altrui. Comincia a pensare che la tua rete si può espandere e che se agisci bene sulla tua community hai qualche possibilità in più di aumentare la tua visibilità in questo elenco. Il buon Joe Girard (Come vendere tutto a tutti, Gribaudi, 2012) diceva che ogni persona ne conosce almeno 250, con cui può decidere di parlare bene di te o male. Ecco, se lo traduci sul web, beh, questo dato può aumentare esponenzialmente. Se la tua attività funziona bene e i tuoi clienti sono soddisfatti, siano essi turisti o locali, puoi provarci. Se sono “locals” è più facile, perché sono abituè della tua attività: comincia da loro.
Un buon consulente di web marketing ti potrà aiutare a gestire il tuo database e la tua community ma anche a sviluppare delle attività intelligenti per poter aumentare le tue recensioni e registrazioni ed ottenere, di conseguenza, ottime referenze. Ricorda sempre che questo fa parte di un’azione di marketing e che stai lavorando, finalmente, su quello che è più importante per il tuo business: i tuoi clienti.
Facebook City Guides, sviluppi futuri, pensieri e piccoli desideri
Chi mi conosce sa che spesso fantastico sulle possibilità che potrebbero avere in futuro determinati strumenti. Anche in questo caso ho fatto qualche volo pindarico, tra il serio e il faceto, per provare a immaginarmi un mondo di Facebook City Guide ancora migliore. Come tutte le cose, Facebook esce con progetti interessanti che hanno ampi margini di miglioramento.
- Ricerca “around you”. Se sono in una città e voglio una risposta immediata rispetto al mio bisogno di mangiare o di vivere un’esperienza, dovrei poter capire meglio quali sono le cose più interessanti ma anche più vicine a me
- Salvataggio dei luoghi per tipologia di ricerca. In questo modo, se sono in un luogo e ho salvato prima quello che volevo esplorare, posso richiamarlo in base al bisogno del momento.
- Aggiunta di tag o note ai salvataggi, per renderli più personalizzati, magari con la possibilità di renderli pubblici, al bisogno
- Inserimento degli hotel. Ebbene sì, sono i grandi assenti di questa piattaforma, ve ne siete resi conto? Compaiono solo nell’area delle registrazioni degli amici, ma non nell’area di esplorazione. Ha senso che manchino tra i record di chi vive la città, che giustamente non ha bisogno di dormirci, ma se voglio programmare un viaggio è una lacuna.
- Possibilità di fare ricerche più specifiche. Ad esempio se cerco il brunch a Dublino dovrei poter fare una ricerca solo in quel luogo. Oggi è possibile nella ricerca di Facebook ma non qui.
- Integrazione con il “trova wifi” che Facebook ha già sviluppato e implementato (se non ce l’hai attiva naviga le impostazioni da mobile)
- Miglioramento della visibilità delle pagine verificate, che oggi sono marginali nei risultati (forse perché molti business non hanno ancora idea di cosa significhi verificare la pagina)
- Inserimento di locations, in modo che gli utenti già fedeli a un brand possano vedere anche i luoghi di quel franchising in quella sede
- Sviluppo della piattaforma per tutti i luoghi su Facebook. Attualmente, guardando all’Italia, sono poche davvero le città. Ho provato a salvare altri luoghi ma emergono con i vecchi risultati, ovvero la precedente versione di places. Ci vuole poco in fondo a fare il salto successivo, che forse è più grafico che altro, così come sarebbe auspicabile poter scoprire attività nei paesi veramente vicini a quel luogo.
- Integrazione con le foto su Instagram
Facebook Guides, quale futuro?
Innazitutto non credo che Facebook possa ancora scalfire il valore di Google Trips, anche se a Google, specie ultimamente, oltre che a Plus sono venute a mancare le recensioni. Ad ogni modo, considerato che Google detiene il potere sulle mappe, ci potranno essere sicuramente integrazioni future. Mi chiedo invece che valore abbia questo se pensiamo a Tripadvisor e alle sue recensioni. Credo che solo AirBnB, oggi, stia facendo un’operazione simile, anche se ancora acerba.
Le nostre relazioni e le persone che conosciamo ci influenzano più degli sconosciuti, per quanto possano essere blogger famosi, ad esempio, con un largo seguito.
In che scala potremo mettere gli amici che abbiamo e che ci potrebbero indirizzare verso la giusta vacanza, o verso il miglior ristorante per una cena romantica? E se, non potendoli contattare, decidessimo di fare due ricerche, una su Tripadvisor, per esempio, e l’altra su Facebook, laddove su TA trovassimo solo recensioni di sconosciuti e su Facebook tre recensioni e due registrazioni di amici? Cosa faremo? Su quale piattaforma ci concentreremo di più per scegliere la nostra meta?
Ti lascio con queste domande, ti ringrazio di esser giunto fino a qui e spero che proverai a viaggiare con Facebook City Guide, condividendo la tua esperienza con questo strumento nei commenti.
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Local Marketing su Facebook: perché i dati sono importanti?
Facebook ama il local? In genere mi piace dirlo ai corsi di formazione e davanti alle imprese locali. E non mi piace farlo perché vorrei vendere un servizio tanto per…, mi piace sottolinearlo perché è vero: Facebook ama le attività locali, o meglio cerca di incentivare la loro presenza sulla piattaforma.
Prima ancora di capire come mai le ami e le voglia spingere, andando oltre al fatto che più pagine ci sono più Facebook guadagna, partiamo da un presupposto, che poi è sempre il solito:
anche se hai una piccola attività locale, Facebook non è la risposta ai problemi del tuo business.
Certo, potrai dire che oggi non essere su Facebook è una cosa quasi assurda, ma ti posso assicurare che ci sono aziende che funzionano benissimo senza esserci e che, comunque, l’apertura di una pagina non significa esserci: per farlo devi curare tutta una serie di aspetti che in genere vengono trascurati. Ad ogni modo, partiamo dal presupposto che tu abbia fatto la tua bella analisi del cliente, che tu abbia chiaro il suo processo di acquisto e in quale fase si inserisce anche questo social media. Diamolo per scontato per capire come, perché e in che modo esserci se hai un local business.
Innanzitutto ti do tre consigli:
1. apri la pagina correttamente o, se l’hai già aperta, setta nella miglior maniera le categorie. È importante specie per l’attivazione della verifica della pagina
2. Verifica la pagina.
3. Imposta tutte, ma dico tutte, le informazioni richieste, controllando in particolare quelle di contatto.
Trovi le indicazioni per farlo nel mio capitolo sul nuovo libro di Cristiano Carriero e Francesco Antonacci, Local Marketing, edito da Hoepli (puoi acquistarlo qui: http://amzn.to/2rQipFG).
A monte, in realtà, se entri su Facebook per la prima volta, ricorda di cercare la tua attività per nome, specie se esiste già da qualche tempo. Questo perché? Ti piacerebbe se qualcuno parlasse di te a tua insaputa? No, vero?
Sai che la tua attività potrebbe già essere presente su Facebook?
Ebbene sì. Nel tempo ci sono almeno due casi per cui il tuo esercizio commerciale potrebbe essere finito su Facebook senza che tu lo controlli:
1. A causa degli utenti. Capitava, un tempo, oggi sempre meno, che gli utenti aprissero account a nome delle aziende o che, se si trovavano in un luogo in cui volevano registrarsi, non trovandolo in elenco, lo inserissero. Spesso non capitava per malafede, ma solo per incapacità di vedere Facebook come uno strumento di business. Il fatto è che, così, la tua attività non è in mano tua, ma della community (non ti allarmare, anche una realtà grande come Gardaland ha una pagina aperta dagli utenti, la sua non è stata verificata, e su quella non ufficiale ci sono ben più di 900 recensioni)
2. A causa di un “servizio” come quelli degli elenchi telefonici dei professionisti (sì, proprio quello). Succedeva che i consulenti aprissero la tua attività solo perché avevi registrato un utente con questi fornitori.
In ogni caso, c’è una cosa che devi sapere e tenere bene a mente, e che spesso, con grande dispiacere, non è chiara agli imprenditori. Cerco di spiegarlo ogni volta che introduco Facebook Business Manager alle agenzie o ai consulenti, ma anche alle aziende che ne hanno bisogno: la pagina Facebook è roba tua. Cosa intendo? La pagina Facebook con il tuo nome non deve essere di altri che dell’azienda che ne detiene la proprietà e quindi dell’imprenditore che l’ha fondata.
Puoi fidarti di un consulente o di un dipendente che opera su di essa, ma se lasci che gli unici amministratori siano le realtà esterne alla tua azienda, stai facendo un grande sbaglio.
Non vuoi essere presente su Facebook? Fattene una ragione. Anche solo per consapevolezza nell’utilizzo dello strumento: il profilo ti consente di capire meglio la lingua che ti parla chi gestisce la tua presenza sui social e di comprendere meglio cosa stanno facendo – di fatto – coi tuoi soldi.
Se poi non hai ancora monitorato la tua presenza online e la pagina è aperta come luogo e non l’hai ancora reclamata, corri ai ripari: ci vuole davvero poco. Oggi più che mai, con l’arrivo di Facebook Local, la app che raccoglie eventi e attività per il tempo libero come ristoranti e locali.
Anche perché, volente o nolente, Facebook sta facendo una lotta concreta alle informazioni false. È da qualche setimana che appena accediamo al feed Facebook ci propone un post in cui ci spiega come riconoscere le informazioni false. Bene.
E le aziende false o le informazioni delle aziende incomplete?
Ho scoperto e aderito quest’estate a un programma di Gamification di Facebook che si chiama Facebook Editor. Pochi ancora lo conoscono. In cosa consiste? Consente di aggiornare le informazioni su una piattaforma specifica, proponendoci delle domande che riguardano le attività presenti.
L’utilizzo della piattaforma è differente da mobile e da desktop.
Se ci si collega dal PC è possibile vedere un’area con diverse informazioni in cui ci sono i punteggi raggiunti grazie all’aggiornamento dato, l’accuratezza dei propri aggiornamenti, i traguardi futuri raggiungibili.
Da mobile, invece, Facebook ci propone le domande, in genere, quando ci troviamo nel luogo o quando ci geolocalizziamo da qualche parte. Capita, così, che se sei in un bar, Facebook ti dica “Sembra che tu ti trovi presso il Bar Centrale” e che se gli dici sì, ti ponga delle domande: “È il numero corretto di questo luogo?”, “Si tratta dello stesso luogo?”, ecc. Le stesse domande vengono fatte quando ci registriamo. E simili sono quelle che ci pone se decidiamo spontaneamente di giocare, solo che amplia il raggio di azione ai luoghi in cui siamo stati o, all’occorrenza, espandendo i livelli e i traguardi raggiunti, arriva ad allargare la selezione all’Italia e al mondo.
Qualche settimana fa Roberta Migliori di Wingage, una collega e amica di Verona che si occupa di strategie di Gamification per la comunicazione interna delle aziende, ha postato su Facebook la scoperta di Facebook Editor, decidendo di scriverne un articolo in chiave, ovviamente, Gamification. Di questo si tratta infatti: così come abbiamo già visto su piattaforme o progetti come Tripadvisor, Google Local o Foursquare,
le persone interagiscono in modo più spontaneo se trovano appagamento da quello che fanno.
La Gamification serve proprio a questo: far in modo che gli utenti partecipino attivamente alle attività richieste e si sentano premiati per averlo fatto, innescando anche una sorta di sfida con altri utenti con cui si mettono in competizione. Lo abbiamo vissuto tutti, dallo sport ai videogame, fino ai primi giochi interattivi che consentivano di sfidare anche chi non conoscevamo. Niente di nuovo nella forma, dunque: si gioca, si fa qualcosa, si ottengono dei premi virtuali. Come dicevo lo fanno già Tripadvisor, Google con le Local Guides e Foursquare.
Ma allora perché anche Facebook lo fa?
Facciamo un passo indietro e riagganciamoci al discorso sui contenuti creati dagli utenti e sulle pagine aperte per caso, geolocalizzandosi o in altri modi.
Facebook sa bene che sta diventando sempre più utile per le ricerche dei business. Sa inoltre che stiamo usando sempre di più la piattaforma per accedere a informazioni che generalmente sono più complesse da reperire online.
Inoltre, Facebook è molto più immediato nella gestione della messaggistica rispetto alla solita email (fermi tutti, non sto dicendo che le mail siano morte). L’utente che trova un business su Facebook ha aspettative diverse rispetto a quello che trova semplicemente un’email o un sito internet. Non chiedetemi come mai:
nel tempo, il buon Mark, ha cambiato anche le nostre abitudini, dobbiamo ammetterlo.
Ad ogni modo torniamo a noi: se Facebook sa che gli utenti cercano informazioni e aziende, anche locali, quale sarà il suo interesse? Ovviamente avere informazioni sempre aggiornate e puntuali. Non è poi così diverso dallo scopo di Google se ci pensiamo.
Qual è la mission di Google? Essere il primo e unico motore di ricerca nella mente della gente. E come fa a farlo? Dando informazioni utili. Quindi cosa odia? Le informazioni false o manipolate. Punto.
Qual è invece lo scopo ultimo di Facebook? Dai, su, non ci vuole tanto a capirlo, e va oltre il monetizzare grazie alle Facebook ads. Lo scopo principale di Facebook è che ci sia dentro la gente.
Se c’è la gente ci saranno poi le aziende e continuerà avere un senso farci pubblicità. Semplice no? Mi state perdendo?
Ebbene, per stare più a lungo possibile su Facebook serve che all’interno ci siano contenuti, informazioni, dati, tanti dati.
È necessario che l’utente colga in Facebook non solo uno strumento di cazzeggio ma anche qualcosa che fornisce informazioni utili. Avete visto come si muove con gli eventi? Vi è mai capitato che un amico decidesse di scoprire cosa fare un sabato sera andando a vedere gli eventi in zona su Facebook? A me sì, e giuro che non era un collega del settore. Così come mi è capitato che degli amici, nel domandarsi se un negozio fosse aperto il 1 maggio, abbiano suggerito di scoprirlo su Facebook (e nemmeno loro erano del settore).
Dunque, così come ho esposto a Erika Meneghello (trovi il mio articolo nel blog di Wingage, con il titolo: Attività locali su Facebook: il ruolo degli iscritti), che cura la comunicazione di Wingage, quando mi ha chiesto se potevo approfondire l’articolo di Roberta Migliori dando un’interpretazione pratica a Facebook Editor, Facebook aveva bisogno di informazioni, e non le riceveva.
Aveva istituito, forse alcuni lo ricordano, la richiesta di informazioni per le pagine, e ancora oggi è possibile farlo, ma serviva a poco, specie su pagine morte o aperte da altri. E così, a mio avviso, avendo bisogno di dati chiari e puntuali, visto che Maometto non andava alla Montagna, beh, ha deciso di rivolgersi agli utenti. D’altro canto Facebook è la piattaforma UGC per eccellenza (UGC = User Generated Content, ovvero con contenuti creati dagli utenti).
Sei in un luogo e ci sono tre attività con nomi simili registrate lì: ti domando quale sia quella vera. Ti trovi in un locale che non aggiorna gli orari di apertura da anni? Ti chiedo se siano corretti. Non ho informazioni precise sulle categorie di Business che rappresenta una pagina? Ti domando quali siano. Tu acquisisci credibilità, aiuti gli altri utenti, e guadagni punti, scalando la classifica.
Cosa avviene se un utente, dunque, dice che la tua azienda ha info errate?
Facebook invia una richiesta di aggiornamento, o chiude la pagina segnalata come finta e, se non rispondi entro un tot di tempo, può decidere a priori di agire, con un cambiamento o una sospensione. Mi è capitato qualche tempo fa su una pagina di prova: “siccome la pagina risulta inattiva, procederemo alla sua chiusura”. Giusto? Sbagliato? Possiamo disquisirne finché volete.
Facebook ha lo scopo di avere informazioni precise. Specie ora che sta introducendo la search.
Ecco perché se la tua azienda c’è, o se decidi di esserci, devi farlo per bene, mettendo tutte le informazioni correttamente, soprattutto quelle vitali per un utente, come i contatti e gli orari di apertura. Poi magari dovresti anche metterci dei contenuti, che non guastano, considerato che se apro una pagina in cui l’ultimo post è del 2015 potrei non aver chiaro se la tua attività sia ancora aperta o meno…
Gamification, attività locali, informazioni delle pagine, Business Locali su Facebook.
Ma quella cosa che dicevi all’inizio su Facebook che ama le attività locali come funziona? Beh, è abbastanza evidente che le attività locali sono più vicine all’idea di utente delle grosse aziende. Dietro le attività locali ci sono le persone. Entriamo nei negozi, nei ristoranti, ecc., ed entriamo a contatto con persone, non con scatole esposte in un supermercato.
Le relazioni che si possono instaurare su Facebook con i local business sono più forti di quelle che si creano con i brand, proprio perché spesso sappiamo che dietro alla pagina c’è quell’estetista con cui ci confidiamo ogni settimana o la commessa che ci consiglia sempre il capo giusto.
E Facebook è il luogo delle relazioni. Le chiede alle aziende e alle persone, e i business locali possono avere una spinta in più per ottenerle. Inoltre, i local business su Facebook generano altri percorsi esperienziali, collegati a Services e Places (i famosi luoghi di Facebook, che stanno cambiando tantissimo!), di cui magari vi parlerò in un prossimo articolo (sempre per la serie: più tempo passiamo più Facebook più Mark è felice). Per cui,
se hai un esercizio commerciale e vuoi usare Facebook, o Instagram, o qualsiasi altro social, impara a conoscerli, poi analizza il tuo cliente e cerca di capire in che modo puoi integrarli in una strategia, e se ti siano veramente utili. E controlla, come ti ho detto più volte, la tua presenza online.
Per approfondire le tematiche riguardo il Local Marketing, ti consiglio il libro di Francesco Antonacci e Cristiano Carriero, Local Marketing, Strategie per Promuovere e Vendere sul territorio, Hoepli 2017, al capitolo 8 c’è un mio approfondimento proprio su Il ruolo dei social network in un progetto di Marketing. Sempre valido rimane il primo approfondimento che ho fatto sul tema nel volume La Pubblicità su Facebook, solo i numeri che contano, di Alessandro Sportelli, sempre di Hoepli.
Dunque dunque… Il tuo Business Locale a che punto è (… non solo su Facebook!)?

Facebook Business Manager e Facebook ADS: perché?
Facebook ADS e Facebook Business Manager: chi lo fa, come lo fa, quanto mi costa, ma soprattutto: a chi mi dovrei affidare?
Perché se hai un’agenzia dovresti quantomeno conoscerlo? E poi, se hai più di un cliente che fa ADS, perché usarlo? Perché è inutile che cerchi online “come cancellare Business Manager”: si può, certo, ma se gestisci più risorse e se lo fai a livello professionale, dopo ormai più di un anno dall’apertura, dovresti conoscerlo un minimo, almeno, e capire perché ha senso usarlo.
Se poi hai un’azienda e c’è un’agenzia pubblicitaria che ti gestisce la pagina e le campagne, dovresti sapere che – anche solo per trasparenza – che lo abbiano è fondamentale.
Quanto sto analizzando deriva da un’esperienza vissuta e da un contratto che ho visto che, a ben vedere, potrebbe essere stata solo negligenza, ma a pensar male, si sa, alle volte ci si imbrocca.
Hai voglia di portare Facebook in azienda e stai cercando di capire se fa per te? Stai vedendo che il tuo competitor usa Facebook per vendere? Facebook ti incuriosisce perché tutti ne parlano? Un tuo amico ti ha detto che sta usando Facebook per la sua azienda? La tua agenzia di comunicazione di riferimento, che ti faceva le PR, e magari anche le campagne stampa, e forse anche il sito, ti ha confezionato un bel piano per il 2017 dove ha messo dentro qualche mila euro per la gestione delle pagine Facebook e delle campagne?
Occhio a chi dai in mano le tue campagne!
Cominciamo dal principio: perché vuoi usare Facebook?
Sei sicuro che Facebook sia lo strumento giusto per te? Mi rifaccio, visto che questo articolo nasce durante l’eperienza a #wmi2017, il corso di Web Marketing per Imprenditori di Alessandro Sportelli e Manuel Faè, a un articolo di Alessandro stesso: non sono un ortopedico. Leggetelo, non ha senso entrarci qui. Parla di soluzioni personalizzate, in medicina come nel web marketing: non esiste una ricetta standard!
Sta di fatto che prima di usare Facebook o firmare il preventivo della tua agenzia dovresti quantomeno sapere cosa stai accettando e perché ti serve, altrimenti è come se andassi dal dottore senza dirgli che problema hai e accettassi di prendere il primo medicinale che ti propina.
Occhio a chi dai in mano la tua comunicazione (e i tuoi soldi).
Dunque torniamo a noi. E diamo per scontato che tu abbia chiaro cosa serve alla tua azienda e perché devi usare Facebook. Insomma, chiariamo che alla base di quello che ti dirò ci sia una strategia, un’analisi ben fatta e la consapevolezza che nel tuo processo di acquisto Facebook abbia un senso.
[dt_divider style=”thick” /]Facebook ADS: chi lo fa? Occhio!
Presupposto che ci sia una strategia di Web Marketing che ti porta a capire quali strumenti devi usare, definiamo chi dovrebbe fare la tua campagna. Un consiglio, in primis (totalmente disinteressato, ovviamente :P), cerca di comprendere due tre cosine su Facebook e dotati del libro – sempre del solito Sportelli – La Pubblicità su Facebook, solo i numeri che contano, Hoepli, 2016.
Partiamo dalle basi: la tua pagina Facebook è tua e tu ne dovresti essere l’amministratore. La tua pagina Facebook rappresenta la tua presenza (scusa il giro di parole) su questo social media e devi poter proteggere il tuo brand e le sue attività. Un tempo un imprenditore che ha una rete di negozi mi disse che non voleva aprire al franchising perché il suo marchio era come la sua donna: non la voleva condividere con altri. Al di là della leicità o meno della considerazione, penso che il fatto di voler bene al proprio brand come a una moglie o a un figlio, sia sacrosanto. Molti imprenditori lo dimenticano, nella gestione della loro presenza online.
Primo mantra: se non hai l’amministrazione della tua pagina Facebook e gli unici che ce l’hanno sono i titolari dell’agenzia di comunicazione che ti segue, hai un problema.
Continuiamo, dunque, con il fatto che questa pagina Facebook pubblichi dei contenuti, gestisca il customer service, faccia pubblicità. Bene. Se sei solo tu che la fai, come ho detto anche in altre occasioni, non ti serve Business Manager, il nuovo strumento di Facebook (ormai nemmeno tanto nuovo, in realtà, visto che qualche mese se lo porta appresso) per la gestione dei business.
Se invece le diverse attività sono gestite da più risorse, dotatene. Fallo soprattutto per un aspetto fondamentale: con il Business Manager reclami la tua pagina al suo interno e, se la rendi principale, nessuno te la porterà via. È un po’ come diventarne proprietari assoluti, con i super poteri: la chiamiamo “superadmin”, in gergo (ma non così tecnico, è che rende bene l’idea).
Dunque: se hai un business su Facebook e diverse risorse che fanno le attività per questo business, apri Business Manager.
Nel Business Manager, che tantissimi miei colleghi odiano, ci sono una serie di possibilità e un pannello di controllo che ti consente di monitorare a 360 gradi quello che fai su Facebook. È complesso? Sì. È migliorabile? Anche. Il buon Mark lo ha recentemente sistemato, ma non siamo ancora contenti (e di sicuro non lo saremo mai) però, anche se non ci piace o non ci sta simpatico, dopo tutti questi mesi di attività, visto lo scopo, dobbiamo adeguarci. A mio avviso, oltre all’aspetto legato al controllo delle pagine, ce n’è uno molto interessante legato agli account pubblicitari.
[dt_divider style=”thick” /]Cos’è un account pubblicitario su Facebook?
È lo strumento con cui è possibile fare le campagne pubblicitarie su Facebook. È una specie di posizione aperta nei confronti di Facebook per poter creare – e pagare – le cosiddette ADS.
E qui viene la magagna. Chi gestisce il tuo account pubblicitario? Chi lo ha aperto? Chi paga le tue inserzioni?
Qualche tempo fa un collega mi dice: “Silvia, ma c’è un modo per capire se l’agenzia di comunicazione che lavora per un mio cliente stia sponsorizzando davvero per la pagina?” Certo! Basta controllare i post per la sponsorizzazione. Se hai pieno accesso alla tua pagina devi poterli vedere. Questa non è una novità ed esisteva ancora prima di Business Manager.
Dunque cosa c’entra Business Manager? Con il ragionamento fatto in quell’occasione mi resi conto che esisteva un modo di gestire le campagne pubblicitarie che in genere uso a fatica: interno all’agenzia di comunicazione, senza controllo o accesso da parte del cliente. Quando decidi di fare campagne pubblicitarie su Facebook, infatti, puoi farlo in due modi: pagando direttamente Facebook o facendo in modo che qualcuno lo faccia per te. Se lo fai tu, apri un account, associ la tua carta di credito, sei amministratore di quell’account e di fatto hai il pieno controllo di quello che avviene, dalle campagne fatte da te a quelle fatte da chi ha un accesso come inserzionista, fino al controllo completo della spesa e dei report.
[dt_divider style=”thick” /]E se l’account pubblicitario lo apre l’agenzia di comunicazione o web marketing che mi segue?
Qui nasce un bel problema. Prima di tutto di trasparenza. Come saprai chi ti gestisce queste attività chiederà un costo di gestione. Questo costo varia in base agli obiettivi, alle capacità del professionista che seguirà le campagne e a una serie di “nmila” fattori che non sto qui ad elencare. Il costo di gestione, a mio avviso, andrebbe innanzitutto scorporato dall’investimento deciso. E tu dovresti poter avere dei report che attestino quanto stai spedendo, effettivamente, per le tue inserzioni. Ma il problema non nasce tanto dai report realizzati con Photoshop (sì, è la frontiera creativa dei report!), quanto piuttosto da come è stato impostato l’account.
[dt_divider style=”thick” /]Apriamo il vaso di Pandora, dopo Facebook Business Manager ho visto davvero di tutto.
Caso numero uno: l’account Facebook ADS creativo.
Si tratta di un account autonomo, in cui l’agenzia fa le tue campagne, di cui non sai la spesa, molto variabile in base ai… report. Attenzione! Non ho detto in base ai risultati, agli obiettivi, ecc., ma in base ai report. Detti report portano spesso i numeri che NON contano ma oltretutto omettono proprio quelli che contano, in modo che il cliente non sappia mai quanto spende. E quanto sarà? Boh.
Ho recentemente visto un report di questo tipo e ho provato a fare due conti, rispetto ai risultati e al costo di ognuno di essi. Dopo aver fatto un paio di calcoli con la calcolatrice ho chiesto alla responsabile marketing dell’azienda: “ma voi spendete X in advertising su Facebook?” Lei mi ha guardata sbalordita parlandomi di molto di più. Le ho spiegato il calcolo e mi ha invitata a mandare una richiesta di implementazione dei report. Picche. Non era possibile averla per problemi tecnici. Problemi tecnici? Io credo che qualcuno si stesse arrampicando sugli specchi… che a pensar male…
[dt_divider style=”thick” /]Quindi? Stai attento e cerca di comprendere quanto spendi veramente su Facebook. Le agenzie serie esistono e non fanno questi trucchetti.
Caso numero due: l’account Facebook ADS collettivo.
Che poi è il vero motivo per cui è nato questo articolo…
Si tratta di un account unico, solo, e disperatamente incasinato, in cui l’agenzia “zuzzurellona”, che si è improvvisata a gestire le ADS, ha buttato tutti i suoi clienti, in un pout purri di campagne, inserzioni, numeri che… beh, rendono tutto molto colorato.
Dai Silvia, che dici? Siamo salvi: di agenzie zuzzurellone ce ne saranno poche, no? Eh… magari! E invece!
Un recente caso per un mio cliente riguarda un’agenzia con oltre 20 dipendenti, che prende regolarmente premi di comunicazione e che si dice esperta di campagne pubblicitarie. Non entro nel merito di porcherie che ho visto fare, come landing senza pixel o thank you page senza monitoraggio delle conversioni. Non entro nemmeno nel fatto che queste campagne portano tanto engagement e qualche scaricamento delle promozioni ma pochissimi acquisti. Voglio parlarvi qui di altre cose ancora che, beh, scusate, ma mi hanno fatto venire l’urticaria.
Parlo di gestione corretta dei propri clienti.
Cos’è successo? Ve lo racconto.
Ho iniziato a collaborare con questo cliente nel 2016. Aveva 4 pagine Facebook e due agenzie di comunicazione, oltre alla consulenza della sottoscritta. Dovendo affiancare una risorsa interna per un progetto su Facebook, sono entrata nelle pagine come amministratore, inizialmente, per poi rendermi conto che avrei dovuto inserire Business Manager, vista la forma di business e le risorse che vi dovevano accedere.
Così, un giorno, in azienda, mi sono messa a fianco alla ragazza che si occupa della comunicazione sui social e abbiamo creato il Business Manager dell’azienda, passo passo, con spiegazione pratica di come funziona. Poco male, fin qui tutto ok.
Abbiamo inserito le diverse risorse, reclamato le pagine e sistemato un po’ l’account. Dopo aver fatto tutto questo e aver spiegato la nuova gestione alla mia referente, le chiedo di mettere in Business Manager l’account pubblicitario.
“Non ce l’abbiamo, ha tutto la nostra agenzia”.
“Ok”, penso “allora l’agenzia, che gestirà sicuramente più campagne, avrà sicuramente il Business Manager. Basta entrare a visionarlo. Tutto ok”.
Ebbene è qui che scoppia la bomba. Quando estrapolo il codice da dare all’agenzia per l’accesso all’account… ta dan! Non me lo danno!
Di più: sostengono che chi ha aperto il Business Manager sia una povera incompetente. La referente che seguo risponde citando un capitolo del libro di Alessandro (sempre lui, Sportelli :P), proprio su Business Manager, che ho scritto io. Così, giusto per far capire che non avevano collaborato con il primo cuggino che capitava in ufficio.
Al di là di questo, quello che mi suona strano è che l’agenzia sostenga che sia impossibile far accedere il mio cliente. Non capisco. Voglio approfondire. Dico loro di chiedere perché. Risposta: “perché se vi facessimo entrare nell’account vedreste anche le campagne degli altri clienti e per la privacy non possiamo”.
Ehhh? Cosa??? Un account pubblicitario per TUTTI i clienti?!?! Ma che è?
“Non pensare male Silvia, non pensare male…” Io ci o provato, ma qualcuno mi ha detto che a pensar male ci si azzecca, almeno a metà.
Ebbene per non pensare male cerco di spiegare che con Business Manager si possono aprire account diversi per ogni cliente e che sono comodi proprio per dare accesso ai clienti oltre che per gestire il nuovo pixel di Facebook, uno per ogni account pubblicitario. Inoltre, spiego che loro potrebbero anche fare al contrario: aprire un account e farvi accedere l’agenzia come partner.
Risposta: “non è possibile perché noi non abbiamo ‘sto Business Manager e non abbiamo intenzione di farlo”.
Non pensare male, non pensare male… Eppure…
Ho perso un po’ il filo e spero di non avervi persi, ma di fatto l’agenzia non ha aperto un Business Manager, che ritiene inutile, e sta usando un unico account pubblicitario per ogni cliente. Oltre al casino interno, che non voglio nemmeno immaginare, ci sono altre cose che sono limitate, così facendo, una su tutte il pixel di monitoraggo di Facebook, che dovrebbe essere unico per ogni account e non condiviso.
[dt_divider style=”thick” /]Account pubblicitario di Facebook: proprietario o gestito dall’agenzia?
Perché è meglio che aziende diverse abbiano un account Facebook ADS proprietario, e comunque dedicato, anche se poi è gestito dall’agenzia?
- Se l’agenzia apre un account pubblicitario solo per te, puoi monitorarlo chiedendone gli accessi.
- Il pixel del tuo account è condiviso solo con te o con altri tuoi portali ma di fatto è tuo, dedicato a te
- Il pubblico che filtri con il tuo account è “tuo” e non viene condiviso. Ah, a pensar male…
Cosa intendo che il pubblico non venga condiviso? Di fatto l’agenzia, se ha tutto sotto uno stesso cappello, potenzialmente, se ha più clienti nello stesso settore, sfrutta la visibilità di uno per gli altri suoi account, con la scusa che tu non puoi accedere perché vedresti anche tutti gli altri clienti inseriti. Come lo può fare? Creando dei pubblici specifici generati dai brand che gestiscono. Io lo trovo tremendo, così come la landing page senza tracciamenti impostati. Eppure, se hanno tutti i clienti in un unico account, di fatto possono lavorare così (sempre potenzialmente, e sempre perché penso male…). E non entro nel merito caricamento di eventuali pubblici per fare le custom audience… se le carico tutte in un solo account chi mi dice che non vengano usati per profilare anche altre campagne? Lo so, è etica, ma a pensar male, stavolta…
Ti ho fatto venire voglia di capire come vengono gestite le tue campagne o, se sei un’agenzia, di non fare cazzate? Spero di sì.
Trasparenza, numeri che contano, Business Manager. Non è così difficile impostarli. Se sei o lavori con un’agenzia seria, dovrebbe essere ABC! Chi è serio dovrebbe far vedere ai propri clienti i risultati concreti e non quelli ritoccati con Photoshop. Strutturare le campagne e gli account pubblicitari, anche se Business Manager vorremo chiuderlo o non riusciamo a digerirlo, è ABC. Lo so, lo so bene, è complicato e siccome Facebook non trasla gli account ti potresti perdere le attività, e ci sono ancora molti limiti. Lo so. Però è così che si lavora, sempre a mio modesto avviso.
Se investi in pubblicità su Facebook – ma anche altrove – è giusto che tu conosca come vengono spesi i tuoi soldi e dove. Ne sono abbastanza convinta, e tu?
Smettiamola di dar contro a Business Manager e a cercare escamotage. Se lavoriamo con più risorse, che ci piaccia o meno (e sono la prima a criticarlo), dovremo usarlo. Punto. Lo usi? No? Sul libro su citato, quello di Alessandro Sportelli, c’è un intero capitolo dedicato. Ci sono alcune cose che sono state implementare, come la home, ma funziona ancora, se vuoi capirlo meglio.
Quindi, azienda o agenzia, se vuoi lavorare su Facebook a un certo livello, keep calm e cerca di conoscere lo strumento.
Non ti mangia e potresti anche trovarlo simpatico. O, almeno, sensato, come hai letto in questo articolo.
E tu lo usi Facebook Business Manager? Hai letto il capitolo del libro?

#Exp16 – Quando un franchising si mette in gioco
Experience è il nome che abbiamo dato, da tre anni a questa parte, al momento di incontro più importante dell’anno per i negozi dell’usato in franchising Mercatopoli e Baby Bazar. Experience, sì, perché si tratta di un percorso, di una vera esperienza, con attività di formazione, aggiornamento, condivisione. A maggio o giugno che sia, alla fine del percorso svoltosi durante l’anno con le riunioni zonali, i franchisee affiliati a Leotron vengono invitati a vivere il momento di aggiornamento più importante dell’anno.

Facebook Business Manager e i bug: caro Mark, stavolta, ti scrivo
Facebook Business Manager dovrebbe essere la piattaforma principe per la gestione dei business su Facebook. Unisce pagine, persone, app, account per le inserzioni. Dovrebbe agevolare il lavoro di un Web Marketing Manager e del Social Media Manager, e anche degli inserzionisti e di un’altra serie di risorse che si muovono tra pagine pubblicitarie e Facebook Ads… dovrebbe ecco. Perché a forza di far test e tante prove, ogni volta ne viene fuori una. E stavolta ho deciso di scrivergli, a Mark, che almeno gli fischino un pochino le orecchie…

Facebook Locations: novita’ dello strumento per reti di negozi e franchising
Esce oggi, dopo gli aggiornamenti di mercoledì scorso, una nuova comunicazione di Facebook in merito a uno strumento che da un paio di anni usiamo per i nostri negozi in franchising: Facebook Locations.
Mi sono proposta di fare una mia analisi, con i link agli articoli ufficiali di Facebook, le maggiori novità e qualche considerazione.
Innanzitutto, partiamo da mercoledì scorso. È uscito un aggiornamento sulla piattaforma Facebook for Business su Facebook Locations, lo strumento che raggruppa sotto una pagina padre le pagine “figlie” di un determinato brand.
Cos’è Facebook Locations?
Facebook Locations è uno strumento utile per franchising e reti di negozi e per tutte quelle strutture che hanno più sedi sul territorio. Due anni e mezzo fa, quando avemmo il primo contatto aziendale con Facebook, fu l’account di Facebook stesso a chiederci un file excel con l’elenco di tutti i nostri negozi per poterlo inserire sulla nostra pagina principale. Mercatopoli e Baby Bazar furono i primi in Italia ad avere a disposizione questo nuovo strumento, che di fatto andava a creare una nuova tab sulla pagina di brand, collegata con le pagine dei punti vendita sul territorio.
Il valore aggiunto di questo strumento, oltre all’identificazione del franchising e della rete di negozi, che andava ad implementare la riconoscibilità del marchio e la brand awareness, oltre alla credibilità di un marchio, è sicuramente lato mobile: collegandosi alla pagina “padre”, ossia quella del marchio, è possibile infatti vedere i punti vendita più vicini al punto in cui si è geolocalizzati.
Un bel vantaggio sia per i punti vendita che per l’utente. Ovviamente, ciò prevede che si sia fatta un’oculata strategia local per i punti vendita, che devono essere tutti dotati di una pagina dedicata (non è così scontato, neanche per brand che operano in franchising molto più grandi del nostro). Parlo di padri e figli non a caso. Quando il servizio nacque, infatti, il suo nome era “Facebook parent-child”, ad indicare la struttura ad albero pensata proprio per le reti di negozi.
Come si è evoluta la piattaforma Facebook parent-child?
Facebook non ha mai spinto questo strumento, che è rimasto apparentemente nei cassetti degli sviluppatori per mesi, prima di trovare un po’ di luce.
Lo hanno dimostrato la difficoltà di accesso alla piattaforma, a cui iscriversi non è poi così semplice (rimando per questo all’ancora valido articolo di Enrico Gualandi, che si è cimentato con il servizio lo scorso anno, oppure all’intervento “Il curioso caso di Facebook Local e Business Manager” che ho tenuto con Valentina Vellucci a Social Media Strategies lo scorso 14 ottobre, di cui è possibile acquistare le videoregistrazioni su GT Master Club).
Dicevamo: non è facile accedere. In effetti, Facebook, anche secondo le indiscrezioni di alcuni account che avevamo sentito, aveva messo il servizio in beta, senza ben sapere cosa farne. Oltre a quanto detto, lo dimostrava anche il fatto che Business Manager non fosse stato integrato con Locations (e ancora non lo è, in realtà). Quando abbiamo chiuso il nostro grey account per aprire il Business Manager di Leotron abbiamo sperato che ci fossero delle utili integrazioni, ma non sono arrivate, anzi, abbiamo anche riscontrato alcune difficoltà oggettive di sincronizzazione e aggiornamento che magari spiegherò in altra sede.
Qui apro una parentesi. Si chiama Google. Anzi, si chiama Google My Business. Anzi, la chiamo san Google My Business, ora.
Sì, perché il buon Mark, come lo chiamo io, per fortuna c’ha sempre qual sassolino nella scarpa che ha una bella G sopra e gli dà un botto fastidio. Diciamocelo: nonostante Plus, sui servizi ai clienti, agli inserzionisti e ai brand Google è sempre stato una spanna avanti a Facebook e Zuck ha seguito il corso implementando tool che si rifacevano a quelli di BigG.
Ha scopiazzato? Per fortuna, direi!
Soprattutto ora che Locations ha trovato una sua collocazione e pare sia stato legittimato! Sì, perché a me ‘sta cosa di averlo reso più utilizzabile e di averne fatto uscire degli articoli che spiegano ai business l’opportunità di averlo fa tanto “rincorsa a My Business”. Quindi, grazie Google!
Le recenti possibilità offerte da My Business per franchising e reti di negozi hanno dato lo svegliarino a Mark su quello strumento in beta che si era dimenticato nei cassetti? Ben venga!
Quali sono le novità del nuovo Facebook Locations?
Veniamo dunque a noi. Arriva l’aggiornamento su Facebook Locations dell’altro ieri. Cosa succede? Cosa ci spiega Facebook? In realtà nulla di nuovo, in quel primo articolo (che poi è chiaro, serviva per lanciare il secondo 😉 ). Vengo però a spiegarvelo meglio.
1. “With Facebook Locations, you can connect and manage all your stores on Facebook. Our free tool lets you quickly add new store Pages, edit information for existing stores, and manage your locations from one central spot.”
Facebook spiega cos’è Locations e cosa offre. E grazie eh! Dopo due anni e mezzo di utilizzo ci sembrava doveroso arrivare a dire di cosa si trattava (se per caso millemila blog non l’avessero già fatto…). Io mi immagino gli sviluppatori che si rendono conto di aver implementato lo strumento per le ADS (vi anticipo ciò che dirò dopo) e che dicono: “Ok, presentiamolo”. E mi immagino chi gestisce le news che dice: “Dove lo inseriamo? Nell’area dedicata a Facebook Locations?”… silenzio… “Ah, non l’abbiamo mai fatta?”
Ecco, questo mi immagino, perché mi sembra che Facebook sia un po’ un’azienda de noantri, vedendo le ultime implementazioni. E non mi dispiace, eh, fuor di polemica.
2. “Locations lets you list and manage all your stores on Facebook so everyone can find you in Facebook search, or when they land on your main business Page. This is especially important for people using their mobile phone to find information on the go.”
Anche in questo caso: grazie! Facebook Locations è particolarmente utile per l’utilizzo mobile. Non ce ne eravamo resi conto… 😉
3. “Changes and updates go quickly with Locations dashboard. One convenient spot lets you efficiently view and manage all of your stores.”
Gestisci le tue località in un solo posto. In questo caso, mi vien da dire “ni”. E’ pur vero che per inserire nuove pagine è possibile agire dall’applicazione Luoghi dell’area Strumenti (si chiama così nella versione italiana di Facebook, accessibile per chi ha attivato il servizio dagli strumenti della pagina brand). E’ altrettanto vero che la gestione dei Luoghi di Facebook ha qualche neo, specie se i negozi da associare hanno un nome proprio unito al brand, e non solo il nome del marchio sotto cui stanno. Su questo conto di fare un approfondimento a tempo debito… ovvero fra poche righe :).
Si aprono, alla fine della presentazione dello strumento, una serie di FAQ che lo spiegano meglio e, in realtà, mostrano alcuni aspetti dello stesso da non sottovalutare.
4. Facebook Locations si attiva su richiesta. Peccato che non ci sia un link per richiederlo. Non ancora, almeno.
5. La pagina padre può definire i loghi (immagini profilo) e le copertine con cui si presentano le pagine dei negozi o franchisee. Grazie a Dio, mantenendo una certa identità individuale, i negozi potranno però avere loro copertine e loghi individuali e personalizzati.
6. Qui veniamo all’aspetto per noi cruciale:
“[…] all of the location Pages connected to your main Page must have the same name. The default name for location Pages is the main Page’s name (e.g. Jasper’s Market), complemented by a location descriptor that tells people which store the Page refers to.
The location descriptor is “(City)” by default — or “(Address, City)” if there are multiple locations in the same city (e.g. Jasper’s Market (Dallas) or Jasper’s Market (510 Main St., Dallas)). If you have Admin permission for the main Page, you can edit the location descriptor from the Locations section of your Page’s Settings. Or, managers of the location Page can edit this field from the Page’s About section.”
Facebook vorrebbe che le pagine prendessero tutte il nome di brand e che l’identificazione locale derivasse dall’inserimento dell’indirizzo o della città fra parentesi tonde. Facebook ha deciso che questa cosa gli era così simpatica da aver agito di prepotenza, una ventina di giorni fa, di commutare automaticamente tutte le pagine di Mercatopoli e Baby Bazar all’interno di dei Luoghi di Facebook, senza preavviso e senza giustificazione. Non vi sto a dire quali santi siano scesi dal cielo in quell’occasione, specie dopo aver agito manualmente per sistemare (con notevole dispendi di tempo). Quello di cui non tiene conto Facebook, infatti, in questa occasione, è il fatto che alcuni franchising, come anche il nostro, identificano i loro punti vendita con un nome proprio, per diverse esigenze. Ne riporto alcune, per dovere di allineamento rispetto alle considerazioni su questo aspetto:
- Quando vi sono due negozi nella stessa città si associano delle diciture per distinguerli
- Quando si vuole connotare con precisione un quartiere dove insiste il negozio, per posizionarlo, si può associare quel quartiere
- Quando il negozio insiste su un’area industriale, si può scegliere di usare la dicitura che la rappresenta (es. aree di grossi centri commerciali)
- Quando un punto vendita si trova al confine fra più comuni si può scegliere di inserire nel nome il comune più noto anziché quello in cui si geolocalizza fisicamente.
Queste sono ovviamente politiche di brand, ma quanti di noi andando a un Road House di Bologna, per esempio, dicono “ci troviamo a quello di Stalingrado o andando al McDonald dicono “quello della ZAI”?
Quando i marchi in franchising penetrano il territorio non è semplice identificarli, se non si danno dei nomi agli store.
Oltretutto, se si gestisce un franchising come il nostro, che ha delle specifiche peculiarità locali, perché i gestori e i punti vendita sono uno differente dall’altro nella gestione e nel rapporto con la clientela, proprio per la singolarità dei prodotti che propongono, se un cliente si collega a un Mercatopoli o a un Baby Bazar piuttosto che a un altro non è propriamente la stessa cosa. Non sto dicendo che ne debba preferire uno piuttosto che l’altro nella stessa città, ma che è giusto che possa scegliere con quale interagire e con quale interfacciarsi, soprattutto su Facebook e se il punto vendita è stato educato a gestire i social in termini identificativi.
Ho aperto una parentesi che meriterebbe uno studio infinito. La lascio aperta, perché a mio avviso non finiranno le considerazioni in merito. La lascio aperta anche perché mi piace sperimentare… e quindi voglio vedere dove andremo ;).
Torniamo alle nostre novità.
7. Notifiche in un solo luogo. Anche questo lo sapevamo. Accedendo ai luoghi di Facebook dall’area strumenti della pagina di brand o del franchisor sarà possibile vedere tutte le notifiche delle pagine. Non male, sulla carta. Un po’ laborioso nelle attività quotidiane, specie da mobile. Ma siamo fiduciosi.
5 novembre 2015: nuovi aggiornamenti a facebook Locations per inserzionisti e community managers
E ora veniamo all’aggiornamento odierno. Oggi Facebook for Business ha fatto uscire un nuovo aggiornamento sulle Locations: Two New Tools to Improve Local Marketing.
Facebook annuncia che dopo il rilascio delle ADS per la local awarness (ads di prossimità), che noi stiamo tuttora testando, ha implementato le ads che il brand può collegare alle diverse pagine, andando a fare un’unica azione che si ricollega con le località collegate al brand. Apparentemente, secondo quanto dice Facebook, non solo si può scegliere di fare un’azione globale, a livello locale, dal brand, ma si può anche scegleire se questa azione sia fatta su determinati punti vendita e non su altri. Meraviglioso, direi! Oltre a questo, anche le statistiche sono state semplificate.
Questa la dichiarazione di Facebook:
“Businesses, no matter where they are and how many stores they have, now have better ways of connecting with the people around them.
Updates to local awareness ads are now available globally through the API and will soon be available in Power Editor. Local insights are rolling out to Pages in the US starting today and over the coming weeks.”
… Soon available in Power Editor, dunque! Grazie Mark, non vedevamo l’ora!
Dunque, concludendo, qualche considerazione sulle novità di Facebook Locations
- Nuove modalità di fare le campagne per franchising e reti di negozi
- Nuove possibilità di monitorare le attività svolte, l’andamento delle pagine, gli insights
- Il riconoscimento ufficiale delle Locations (anche se non c’è ancora il link ufficiale per richiederle)
Quando ti trovi a gestire 150 negozi collegati al tuo brand e stai mettendo in atto strategie di web marketing importanti su Facebook, queste sono bellissime notizie. Certo, ci sono alcuni aspetti da sistemare, come la gestione di Business Manager collegato alle locations e tutta la politica di tutela delle pagine brand.
Però un passo si è fatto, se non altro per togliere Facebook Locations/Luoghi da quel cassetto polveroso in cui era solo in beta e dargli finalmente la dignità che merita.
Sì, perché i Luoghi di Facebook sono innanzitutto una possibilità, specie quando sai che la gran parte del pubblico arriva da mobile.
Ora ci sarà da vedere se ciò sia correlato ai Bitcoins di Facebook, l’altro progetto in beta di cui i marketer parlano da qualche tempo, ma che pare si sia arenato un un altro cassetto. Con le vecchie parent-child e le opportunità offerte da Locations la mia mente ha iniziato a vedere galassie ancora inesplorate… ma
con Mark, si sa, meglio non aspettarsi niente, perché le sorprese sono all’ordine del giorno (e poi con l’erede in arrivo, si sa mai, se non lo fa dormire la notte chissà che ci propina…)
Grazie di essere arrivato a leggere le mie elucubrazioni fino a qui.
Buon lavoro a tutti con Locations. Scrivetemi, commentate, chiedete. Spero che questo articolo porti prima di tutto un utile confronto.

Facebook Business Manager: vuoi saperne di più? Ecco la storia.
Febbraio (più o meno) 2015. Arriva, in Italia, Facebook Business Manager. Le bacheche dei social media manager d’Italia e le loro email vengono tempestate da un messaggio apparentemente minaccioso: se hai un grey account, sei finito. Devi aprirti un Business Manager.
Ma che cos’è, o meglio, che cos’era, un grey account?
Un grey account, o account grigio (anche se ora gli si addice di più la traduzione in “antico” – che poi gray o grey? Anche Facebook mica ce lo fa capire…), era un account inesistente che poteva gestire la pubblicità su Facebook, oltre alle ads delle pagine. Non aveva un profilo, era qualcosa di ignoto, inserito nel limbo di Facebook. Accedevi con la mail e la password che avevi inserito in fase di registrazione e ti ritrovavi un profilo vuoto, senza testata e foto, in cui non era nemmeno possibile postare.
Quando si attivavano i grey account?
In genere vi erano più modalità di attivarli.
-
- La prima era con la conversione di una profilo in pagina. Ovviamente, gli accessi al profilo permanevano, ma il profilo non era più attivo. Si finiva così in una specie di limbo, che di fatto era un grey account.
-
- Un’altra possibilità era che si aprisse un account business, collegato a una pagina, per farne la sponsorizzazione. Di fatto, ciò accadeva per mantenere separati gli account personali dalle pagine aziendali. L’account business era quindi gestito da un grey account, un account – come abbiamo imparato – senza profilo.
- La terza possibilità era entrare in uno dei percorsi di formazione di Facebook per cominciare a sponsorizzare le pagine. Qualora il consulente scoprisse che si avevano in gestione più account pubblicitari e più pagine, suggeriva di fatto la creazione del grey account, andando anche a crearlo di sua mano. Questo è stato il nostro caso. Quattro anni fa, desiderosi di capire se Facebook avrebbe potuto supportarci nella creazione di una strategia di comunicazione attraverso le ads, abbiamo intrapreso la strada del vecchio percorso Start to Success, dove abbiamo incrociato il consulente facebook che ci ha fatto aprire il nostro grey account. Già allora la consulente ci disse: finchè dura, lasciando intendere nuovi cambiamenti.
Un trick che molti hanno applicato nella gestione delle pagine aziendali, e che oggi ha creato a molti non pochi problemi, era quello di fingere la creazione di una pagina aziendale con un nuovo account, dicendo a Facebook, nella creazione della stessa, che non si possedeva un profilo.
A questo punto, creato il nuovo profilo associato a quella pagina, era possibile inserirlo in una delle pagine in gestione, andando poi a rimuovere il nostro profilo personale.
Perché fare una cosa simile?
Il grosso neo di Facebook, fin dall’inserimento delle ads, era l’impossibilità di dividere la gestione personale da quella aziendale. I profili Facebook sono nati come qualcosa di estremamente privata.
Oggi non è più così, ma un tempo Facebook, specie per i professionisti, era la piattaforma del cazzeggio, dove mai e poi mai si sarebbero voluti mischiare vita professionale e privata.
Ancora oggi molti web marketer che operano su Facebook hanno account separati per la gestione delle pagine e delle ads. Non entro nel merito della bontà o meno di questa cosa, anche se credo, essendo stata una di quelle che avevano due profili, che fosse più complicato che altro. Torniamo però al nostro grey account.
Cos’è successo ai grey account?
Facebook ha capito l’esigenza di base al grey account e ha cercato, seppur con lentezza, di snellire la gestione della sua piattaforma a livello professionale da quella aziendale. Così come Google fa già da tempo, ha quindi investito nella creazione di un nuovo strumento, in cui far confluire pagine, account pubblicitari, app e tanto altro ancora. E’ nato così Business Manager, un tool che ha visto gli albori nel 2014 ma che, essendosi inserito molto timidamente nella gestione degli account e delle pagine, ha avuto bisogno di una spinta spostanziale con l’inizio del 2015.
Eccoci dunque tornati all’inizio dell’articolo: a febbraio 2015. Arriva un’email di Facebook: devi convertire il tuo grey account in Business Manager, altrimenti lo perdi.
Per un franchising come il nostro è stata una bella botta.
Se hai deciso di investire sul web e su Facebook in particolare, l’introduzione del Business Manager implica una serie di scocciature di gestione che complicano la vita sia al franchisor che ai franchisee.
Perchè è utile Facebook Business Manager?
Business Manager è d’altro canto indispensabile per le agenzie e per la gestione delle attività su pagine e inserzioni. Con l’inserimento di questa piattaforma non è più necessario essere amici degli amministratori di una pagina. Il Business Manager, associando i ruoli, consente di gestire pagine e account pubblicitari in forma personalizzata e separata. Se una pagina ha content manager e ads manager separati, in sostanza, potranno non entrare mai in relazione fra loro. Ciò tutela il brand e l’azienda, oltre che l’agenzia e i diversi professionisti che si interfacciano con l’azienda.
Se sei un’azienda che opera come la nostra, però, non è così. Ti rimando al mio articolo per FriendStrategies che parlava proprio di questo delirio con Business Manager, specie avendo lo store locator attivo.
Dopo febbraio molti sono passati, altri sono scettici. Noi rimaniamo per la seconda frangia, anche se saremo costretti presto a cambiare opinione. Facebook ha anche cercato di rendere più usabile il Business Manager, apportando qualche cambiamento, a fine estate. Di fatto, nessuna novità, solo un’interfaccia esteticamente più gradevole.
Avrò modo di approfondire l’argomento, con una specifica che tratterò insieme a Valentina Vellucci, e che riguarda la mia casistica aziendale personale, al Social Media Strategies di Bologna del 14 e 15 ottobre. Seguimi per saperne di più.

Sono appena nato, ma spero di aver tanto da dire
Quando apri un blog ti senti un po’ come alle medie, quando ti regalavano un diario segreto. Pagina bianca. Che cosa ci scrivo? In realtà lo sai bene, ma le prime parole stentano ad arrivare. Stentano soprattutto se fra le tue amicizie ci sono blogger affermati, e se arrivi ad aprire il tuo blog quando online ce ne sono già millemila. Oltretutto, diciamocelo, se
quello che scrivevi su un diario poteva a malapena spiartelo qualcuno quando lo dimenticavi in giro, online è un altro paio di maniche.
Apro un blog, il mio blog, oltretutto, a ridosso di un evento importante di Bologna, il Social Media Strategies, durante il quale farò il mio primo intervento a un pubblico che non è quello “di casa mia”. Parlare a degli sconosciuti rispetto che alle convention del proprio settore è una cosa un tantino diversa.
Veniamo al dunque. Se qualcuno capita su questo blog anche a causa del mio intervento, potrebbe dire: solo così pochi contenuti? Ebbene sì. Dopo circa due anni in cui il mio dominio è lì fermo e un caro amico in attesa di caricare questo portale, ho deciso di metterlo online solo ora, per cui per il momento ci sono pochi articoli. Lo ammetto.
Conto di aumentarli? Ovviamente sì. Conto di metterne online millemila da subito? Ovviamente no. Mi barcameno fra innumerevoli ore di lavoro e qualche attività extra, formazione e – laddove possibile – un po’ di vita sociale. Non sono un automa, anche se amo fare il mio lavoro e mi piace pure scrivere. Però 52 ore in un giorno non sono ancora in grado di generarle (e se le generassi credo sarei comunque in deficit di tempo). Per questi motivi questo primo articolo arriva come una giustificazione, ma anche come un manifesto di intenti.
Apro questo blog portando la mia esperienza aziendale in un network franchising, come ho spiegato raccontando chi sono. Quello che faccio ogni giorno è complesso e riguarda un settore che, a mio avviso, ha delle peculiarità tutte sue, quando si parla di comunicazione e marketing, ma anche di gestione. Ovviamente non voglio entrare negli aspetti commerciali e burocratici delle reti di negozi, o franchising che dir si voglia, mi riprometto di analizzare e portare la mia esperienza rispetto a un mondo che mi appassiona e mi vede coinvolta da qualche anno. Solo cose vissute.
Per questo voglio parlare di dinamiche di comunicazione e marketing delle reti in franchising, analizzando sia la parte di brand che quella più locale di negozio.
Un’attività che opera sul territorio per conto e per nome di un marchio più grande ha oggi, con l’avvento del web, una serie di responsabilità e possibilità che non sono più trascurabili e devono essere gestite con attenzione e cura.
Gli strumenti che internet offre, da Facebook local a Google My Business consentono di incrementare notevolmente le possibilità di queste reti. Molti franchising non se ne rendono conto. Lo dimostra la penetrazione di alcuni strumenti in Italia, ma anche la difficoltà a strutturare dei piani di marketing che coinvolgano tutti i livelli, dal franchisor al franchisee, al cliente finale. Non voglio dilungarmi oltre. Spero che gli articoli che andrò a produrre, insieme a quei pochi che già vedete online, possano rendere l’idea su questo mondo.
Il mio blog si popolerà di questo e spero vivamente di riuscire nel mio intento. Così come spero di trasmettere un po’ chi sono. Parto con un po’ di sano outing:
Non amo le impostazioni artefatte da personal branding e ho un po’ di allergia verso tutta la falsità che sta ruotando intorno al mondo del web che parla di questo argomento.
Io credo fermamente che prima di tutto si debba essere se stessi. Questo è quello che voglio portare in queste pagine. Per questo non ho creato un’immagine di copertina con chissà quali simboli, perché non sono nemmeno brava con la grafica e anche se nel mio team ce ne sono di bravissime non mi sembrava il caso di far gestire loro questa parte (il mio nome però lo devo a loro e con il cuore devo un grazie a Manuela). Mi piace la fotografia, però, e ho partecipato a qualche concorso, a volte portando a casa qualche risultato. Così come mi piacciono l’Irlanda (dire mi piace è poco, lo so) e la sua atmosfera. Qualche amico sostiene che vi sia un legame karmico fra me e l’Isola di Smeraldo. Ad ogni modo, l’immagine di copertina che ho scelto mi rappresenta. Racconta di un momento della mia vita che forse un giorno tirerò fuori. In questo articolo invece ho scelto una foto della mia Irlanda, fatta qualche anno fa. Quella terra è parte di me, così come le foto che vi ho scattato in almeno 4 viaggi fatti lassù al nord.
Ora sai qualcosa in più di me, e magari anche che sono un po’ logorroica, se sei arrivato fino in fondo. Giuro che post filosofici o troppo introspettivi rimarranno fra le pagine del diario di un’adolescente. Tra queste, mi auguro troverai poca fuffa e qualche spunto di sostanza. Io ce la metto tutta. Grazie di avermi letto fino a qui.
Ah, un’ultima cosa, se non l’hai capito: mi piacciono i selfie. Non me ne volere. E’ così. De gustibus…
Il mio blog…
Mi barcameno fra innumerevoli ore di lavoro e qualche attività extra, formazione e – laddove possibile – un po’ di vita sociale e tanto studio dei franchising.
Nasco nel mondo della comunicazione offline e della vendita, soprattutto in ambito food e wine. Mi sono occupata di PR e Uffici Stampa per diverse realtà, in particolar modo veronesi, fino alla folgorazione: il marketing strategico, per prima cosa online.
Nel tempo ho conosciuto il mondo dei franchising e me ne sono innamorata, incuriosita da questa nuova complessità strutturale e dalle sue possibilità. Credo che i franchising siano una sorta di stargate, per potenziali imprenditori, per farsi accompagnare nel proprio rilancio o lancio professionale.
La loro complessità principale riguarda lo schema strutturale, tra diverse tipologie di clienti: quello finale e il potenziale franchisee. Il lavoro è tanto, da fare, sui due diversi piani. Internet ha cambiato le carte in tavola e non si scherza, per cui è fondamentale sapere che strada percorrere, costruire un progetto e darsi degli obiettivi che forniscano output sostanziali.
La complessità dei franchising spesso non lo permette perché le politiche di marketing toccano anche quelle organizzative e relazionali. Ho scelto quindi di parlarne, in questo blog, per portare la mia esperienza e quella degli imprenditori che ce l’hanno fatta, fra cui alcuni miei clienti.
La filosofia di base è quella che ho appreso negli anni di formazione, specie da chi mi ha dato la possibilità di scrivere articoli e interventi nei libri che trattano di web e social media marketing. Puoi scoprirli nella sezione risorse di questo sito, così come puoi approfondire il tema della strategia marketing per franchising.
Franchising Strategy
Apro questo blog portando la mia esperienza con i network franchising, come ho spiegato raccontando chi sono. Quello che faccio ogni giorno è complesso e riguarda un settore che, a mio avviso, ha delle peculiarità tutte sue, quando si parla di comunicazione e marketing, ma anche di gestione.
Per questo voglio parlare di dinamiche di comunicazione e marketing delle reti in franchising, analizzando sia la parte di brand che quella più locale di negozio attraverso il local marketing.
Strumenti online per il marketing dei franchising
Gli strumenti che internet offre, da Facebook local a Google My Business consentono di incrementare notevolmente le possibilità di queste reti. Molti franchising non se ne rendono conto. Lo dimostra la penetrazione di alcuni strumenti in Italia, ma anche la difficoltà a strutturare dei piani di marketing che coinvolgano tutti i livelli, dal franchisor al franchisee, al cliente finale. Non voglio dilungarmi oltre. Spero che gli articoli che andrò a produrre, insieme a quei pochi che già vedete online, possano rendere l’idea su questo mondo.
Il mio blog si popolerà di questo e spero vivamente di riuscire nel mio intento. Così come spero di trasmettere un po’ chi sono.
Grazie di avermi letto fino a qui. Se ti va di seguirmi ancora, iscriviti alla mia newsletter.